Quando mi è stato chiesto di pensare a questo piccolo intervento, ho provato un sentimento di gioia, perché è comunque bello poter parlare ad altri di un amico che mi è molto caro e che è stato così importante nella mia vita. D'altra parte, però, ho avvertito un certo disagio poiché mi rendo conto di quanto sia facile cadere nella tentazione del rimpianto o del ricordo fine a se stesso.

Allora mi sono chiesto: quale è stato per me il significato della vita di Francesco? Che cosa la sua presenza mi ha fatto scoprire e mi aiuta ancora a scoprire? E che cosa, in particolare, posso condividere con voi, oggi?

Ripensando a Francesco mi tornano alla mente molte immagini: le camminate che abbiamo fatto insieme, la nostra passione comune per il canto, per la fotografia, le battute scherzose (ci divertivamo un sacco a ripetere le scenette di Aldo, Giovanni e Giacomo)...

Ma un'immagine prevale su tutte: la sua gioia, il suo entusiasmo per la vita.

Un entusiasmo a 360°, contagioso, capace di coinvolgere, di travolgere quasi gli altri nelle varie attività che faceva, negli interessi che coltivava (tantissimi), la musica, l'arte, la storia, la politica... Una delle passioni che con lui ho maggiormente condiviso è quella per ciò che posso chiamare "la ricerca culturale". Francesco aveva compreso il valore, l'importanza straordinaria della cultura; cultura intesa come quell'insieme di strumenti indispensabili per capire il mondo e sopratutto per vivere da protagonisti nella società.

Non si accontentava mai delle risposte troppo facili, non si fermava mai alla superficie delle cose, ma si interrogava e ne cercava sempre un significato più profondo, più vero. E poi anche i suoi studi, al Liceo prima e poi all'Università, a Filosofia, non erano mai in funzione dell'esame o del voto, ma rispondevano sempre al desiderio ardente, insopprimibile, di comprendere la realtà, anche nei suoi aspetti più concreti (i problemi della città, della parrocchia, degli amici, le difficoltà nei rapporti umani....).

E il suo voler essere protagonista nella società non significava voler emergere, volersi distinguere dagli altri per le sue qualità, bensì trasmettere agli altri ciò che lui stesso aveva scoperto e cioè che la vita è bella in ogni suo aspetto e che è possibile, per tutti, renderla ancora più bella.

Ecco, credo allora che fare memoria di Francesco qui, oggi, significhi imparare a vivere questo slancio culturale e voglio intendere, di nuovo, con questo termine "culturale" non qualcosa di astratto, di distante, ma un modo concreto di porsi di fronte alla realtà, di porsi nella realtà, ciascuno con la propria personalità, con i propri pregi, con i propri limiti; uno stile che ci porta a leggere con amore dentro alle cose e soprattutto a metterci in gioco, a mettere le nostre ricchezze, con molta semplicità, al servizio degli altri.

E per far ciò, ne sono certo, non basta coltivare l'intelletto, ma occorre coltivare, giorno per giorno, il nostro cuore. Francesco ce lo ha testimoniato.