Francesco, la vita breve e intensa di un ragazzo davvero in gamba

[...] In tali casi si è soliti parlare - spesso a vanvera- di "fatalità", per celare pietosamente errori o impreparazioni. Non è questo il caso. Come i suoi amici, Francesco era perfettamente equipaggiato e addestrato alla montagna.  Aveva già al suo attivo la conquista di alcune cime, tra cui il Gran Sasso, il Gran Paradiso, il Cevedale, compiendo escursioni e ascese ben più difficili di quella che l'ha stroncato.

[...] Francesco era del resto un autentico innamorato della montagna. Le cartoline scritte agli amici erano spesso un inno alle Alpi e al loro paesaggio; suona addirittura premonitrice una frase da lui scritta nel 1996: "La mia voglia di montagna non si è ancora saziata, tanto che sto prendendo in considerazione la possibilità di trasferirmi definitivamente in una località di alta quota".

[...] Conoscevo bene Francesco. Mi capitava di incontrarlo abbastanza di frequente, anche in università, oltre che a casa nostra. Lo sentivo spesso al telefono. Sono impressi nella mia memoria il suo sorriso e lo sguardo dolce e sereno che proveniva dai suoi occhi chiari.

Molte riflessioni si potrebbero fare su quanto è accaduto. Due, soprattutto, mi sono venute spontanee in occasione dei suoi funerali. La prima, per la verità, mi è stata suggerita dall'omelia del parroco don Mario Caccia, allorché egli ha ricordato quanti progetti e quante speranze fossero riposte per il prossimo futuro su Francesco.

Eppure, ha detto don Mario, i programmi e i progetti umani devono necessariamente fare i conti con la volontà di Dio e con i suoi misteriosi disegni. Occorre dunque mantenere sempre la consapevolezza che la nostra capacità di programmazione deve stare sempre subordinata alla fede, alla capacità cioè di accettare serenamente l'ineluttabile e di ripartire di nuovo da capo, senza perdere una briciola della fede stessa e della speranza che sempre l'accompagna.

[...] La seconda considerazione è che si muore bene quando si è vissuti bene. Il grande gesto compiuto da Francesco è comprensibile solo sullo sfondo di una vita che - senza rinunciare allo svago, alla compagnia, alla montagna appunto - era stata caratterizzata dall'altruismo e dall'impegno serio.  Capita talvolta di pensare agli eroi come a esseri sovrumani, forti e aitanti. L'eroismo vero è invece impastato da tanti piccoli gesti, quotidiani e quasi inavvertiti, che sono poi il necessario allenamento a compiere le scelte più grandi e definitive. In questo senso, non ho paura della retorica nel dire che Francesco è morto da eroe.

[...] Ha colpito tutti la straordinaria prova di forza offerta dai genitori di Francesco. Il dolore è stato grandissimo e resta tale, [...] ma proprio il grande dolore rende ancora più significativa la testimonianza offerta. [...] Se vissuta in pienezza, la fede cristiana non è un palliativo o una consolazione superficiale. Essa diventa invece un'autentica forza che si trasforma in testimonianza che colpisce credenti e non credenti.

[...]

Grazie, dunque, Francesco.

Grazie, Flavio e Franca.

Giorgio Vecchio